Quando ho aperto il blog ho promesso che avrei parlato del Messico, dell’Italia, e delle loro differenze...
Partiamo dalle differenze più ovvie, come la posizione sull’atlante e la grandezza dei due Paesi.
Innanzitutto il Messico non è un unico Stato: come gli Stati Uniti d’America, il Messico è una confederazione di Stati, 32 per l’esattezza (Los Estados Unidos Mexicanos), che si estendono dall’oceano Atlantico (nel mar dei Carabi, di fronte a Cuba, con località ormai molto note anche in Europa come Cancún e le rovine di Tulum) all’oceano Pacifico (le famosissime coste di Acapulco, Puerto Escondido, la meravigliosa Baja California ed altre perle non conosciute ai più); ma anche dal nord al sud la varietà di paesaggi è notevole, e comprende foreste incontaminate, deserti, gran canyon, zone di laghi, montagne.
Il clima poi varia da caraibico, a desertico, a tropicale, a continentale e chi più ne ha...
Non voglio comunque fare una lezione di geografia. Volevo invece fare una piccola riflessione (comparativa) su Messico e Italia: prima, però, vi do giusto due numeri per la riflessione successiva:
Il Messico quindi è 6,5 volte più esteso dell’Italia, ed ha una superficie pari a poco meno della metà dell’Europa dei 27 Paesi (cioè quella del 2007); eppure la piccola considerazione che vorrei fare è: ma siamo sicuri che un Paese enorme come il Messico significhi per forza maggiore diversità all’interno del Paese?
Se penso alla nostra piccola bella Italia, noto più differenze di cultura, infrastrutture, stile di vita, economia, tradizioni, addirittura nel cibo di quante ne abbia trovate nel grande (ed altrettanto bello) Messico.
Come sempre, tanto per darvi uno spunto di riflessione, la mia breve considerazione riguarda le tradizioni (alquanto omogenee in tutto il Messico, a differenza che in Italia), la lingua (in Italia sfido un friulano e un siciliano a parlarsi in dialetto e capirsi!), l’unità sotto la stessa bandiera (per capirci non c’è un partito pro separazione tra nord/ sud in Messico) ed altre cosucce.
Chiaro che queste banali considerazioni hanno delle eccezioni: anche in Messico esistono tradizioni tipiche di una regione piuttosto che di un’altra (penso ad esempio ai “Voladores de Papantla” di Veracruz); ed anche lì ci sono dialetti che sono delle vere e proprie lingue (esistono ancora centinaia di dialetti di tribù più o meno grandi e popolate, come i Maya in Yucatàn, o i Lacandones in Chiapas).
D’altra parte però parlo della sensazione che ho avuto nel percorrere il Messico in zone molto diverse, e della sensazione che ho avuto dai miei amici, provenienti dalle più disparate città del territorio; e la sensazione è stata quella di un unico grande Stato, unito sotto la stessa bandiera, fortemente solidale al suo interno, e figlio della stessa cultura (nonostante derivazioni molto diverse, come ad esempio quella dai Maya nel sud/ sud-est del Paese, e quella degli Aztechi nel centro dello Stato).
Ma allora la domanda è un’altra: cosa fa dell’Italia, invece, un Paese così frammentato al suo interno? La ragione muove dalle diverse genti che popolavano l’Italia nei secoli passati? O dalle rivalità tra feudi vicini, che ancora oggi portano a marcati campanilismi in ogni regione? O dall’unione italiana sotto un’unica bandiera, forse imposta dall’alto, ma non voluta dai più?
Resta il fatto che il sud dell’Italia è una zona bellissima, che non ha nulla da invidiare al resto del mondo. E se venisse gestita in maniera migliore, potrebbe essere il motore dell’Italia, in settori come turismo, agricoltura, pastorizia, ma anche fabbriche, industria tessile, etc...
Invece purtroppo si parla del Sud Italia come della parte “marcia” dell’Italia, quella che rallenta l’economia italiana, quella di cui dobbiamo liberarci se vogliamo andare avanti.
E sapete una cosa? Secondo me hanno ragione!
Ma la colpa non è del Sud, non è un problema strutturale, né territoriale. Non è un problema della gente che vi abita, nè delle tradizioni che hanno. Il problema è che è sempre mancata una qualunque pianificazione a livello italiano, e si è sempre lasciato il Sud al suo destino.
Ora tornare indietro non è certo facile, ma magari con l’adeguata pianificazione potrebbe essere proprio il Sud il motore che ci può portare fuori dalla crisi di produzione, e lontano dalla dipendenza dai beni alimentari esteri.
E voi? Cosa ne pensate?!?